sabato 17 settembre 2016

Megalodonte 


Il megalodonte (Carcharodon megalodon o Carcharocles megalodon Louis Agassiz, 1843) è una specie estinta[1] di squalo di notevoli dimensioni, noto per i grandi denti fossili. Il nome scientifico megalodon deriva dal greco e significa appunto "grande dente". I fossili di C. megalodon si trovano in sedimenti dal Miocene al Pliocene (tra 23 e 2,6 milioni di anni fa).
La classificazione è oggetto di dibattito scientifico tra gli esperti. In passato questo animale è stato classificato nel genere Carcharodon, come l'attuale squalo bianco. Nel 1995 il nuovo genere Carcharocles (appartenente alla famiglia Otodontidae) fu proposto per classificare l'animale. Molti paleontologi ora appoggiano quest'ultima teoria.

È stato considerato un parente stretto del più noto, e tuttora vivente, grande Squalo bianco (Carcharodon carcharias), soprattutto per la grande somiglianza nella forma e nella struttura dei denti. Tuttavia, un numero crescente di ricercatori sta mettendo in discussione questo legame, abbracciando l'ipotesi che sia invece l'evoluzione convergente il motivo per cui squalo bianco e C. megalodon hanno una dentatura tanto simile. In ogni caso, l'aspetto e le dimensioni del C. megalodon sono ricostruiti proprio a partire da questa somiglianza.

Morfologia[modifica | modifica wikitesto]
Le dimensioni dei fossili ritrovati (per lo più denti lunghi fino a 17 cm, anche se pare siano stati ritrovati denti di 20 cm) fanno pensare ad un animale la cui lunghezza avrebbe potuto raggiungere i 18 metri. Le stime sul peso indicano che potesse raggiungere le 50-60 tonnellate. Basandosi sul metabolismo dello squalo bianco, si pensa che il C. megalodon avesse bisogno di mangiare in media un quinto del suo peso ogni giorno, cioè 8 tonnellate di carne. Possedeva un'apertura della mascella superiore ai 2 metri e pare che la sua dieta potesse includere anche le grandi balene.
Diffusione, abitudini e alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

Vertebra fossile di balena, ritenuta stata tagliata in due da un morso di C. megalodon, i solchi visibili sarebbero tracce del morso
Da alcuni siti anomali di ritrovamento sulle coste orientali degli Stati Uniti d'America e nei Caraibi si è ipotizzato che le femmine di C. megalodon partorissero le loro "uova" in baie protette, con acque particolarmente basse; solo quando i piccoli raggiungevano dimensioni ragguardevoli si avventuravano in mare aperto.

Il C. megalodon era un predatore diffuso in tutti gli oceani dalle latitudini più meridionali a quelle più settentrionali; adatto a più ambienti e più climi (ma tendenzialmente prediligendo quelli caldi e temperati), probabilmente preferiva le zone relativamente costiere, in cui era facile incontrare i grossi mammiferi marini di cui certamente si nutriva (impronte di morsi, rinvenute su resti ossei fossilizzati, anche rimarginate, tenderebbero a confermare questa teoria).

Reperti di questo grosso squalo sono però stati rinvenuti anche in zone all'epoca di mare aperto, oppure in giacimenti situati in piccole isole remote dell'oceano pacifico e dell'Oceano Indiano, che testimoniano come l'animale vivesse anche in ambienti di mare aperto. Va però aggiunto che era, con ogni probabilità, un predatore specializzato nella caccia a poca profondità.

Il miocene è stato il periodo di massima diversificazione dei cetacei di grossa taglia (20 generi di balene contro i 6 attuali), ed ha conosciuto anche una grande diffusione di altre possibili prede (dugonghi e grossi sirenidi, tartarughe marine, pinnipedi di grossa taglia, pinguini di grossa taglia, altri squali predatori, squali balena, tonni); nelle acque fredde abbondavano gli antenati dell'attuale orca, in quelle calde invece regnavano i C. megalodon.
Cosa ha ucciso lo squalo più grande mai vissuto?
Gli studiosi ancora si interrogano sulla misteriosa estinzione del megalodonte, il gigantesco parente fossile dello squalo bianco dal blog Phenomena



Una mandibola fossile di Carcharoles Megalodon. Questo squalo aveva una bocca larga un metro e mezzo, abbastanza grande da inghiottire una piccola auto. 


Non riusciamo proprio a lasciare in pace il megalodonte. Da Lo squalo di Peter Benchley ai mostri che regolarmente affollano film di serie B, sembra impossibile resistere alla tentazione di evocare uno squalo così grande da poter tranquillamente ingoiare una persona senza disperdere in mare neppure una goccia di sangue.

Nonostante la nostra fascinazione nei confronti di Carcharocles megalodon, questo enorme parente estinto dello squalo bianco, sappiamo ancora pochissimo sulla vita e sulla fine del più grande squalo mai vissuto. Per cominciare, non abbiamo idea del perché l'ultimo megalodonte sia morto 2,5 milioni di anni fa.

Nella lunga storia dei pesci cartilaginei, Carcharocles megalodon rappresenta un capitolo di grande successo. E non solo a causa della mole del predatore e della sua supposta ferocia. Questa specie ha abitato le acque costiere dell'Oceano Indiano, dell'Atlantico e del Pacifico per circa 20 milioni di anni. Poche creature possono vantare un record simile, e ciò; rende la scomparsa dell'animale ancora più enigmatica.

Secondo la teoria più diffusa questo squalo mostruoso si sarebbe estinto a causa del passaggio a un clima più freddo. C. megalodon è generalmente considerato un cacciatore di acque calde e quindi, sostiene l'ipotesi, quando alla fine del Pliocene le temperature precipitarono, cetacei, foche e altri mammiferi marini di cui si cibava migrarono verso mari ancora più freddi, dove lo squalo non poteva seguirli.
Ma l'enorme squalo era davvero così condizionato dalle temperature? Per scoprirlo, la paleontologa Catalina Pimiento e colleghi hanno consultato il Paleobiology Database per analizzare la presenza di C. megalodon nel tempo relativamente al clima. E contrariamente a quanto si pensava, è assai improbabile che il freddo abbia "congelato" lo squalo fino all'estinzione.

A grandi linee la storia è questa: appena comparso, circa 20 milioni di anni fa, C. megalodon abitava soprattutto le acque dell'emisfero settentrionale. La sua popolazione si diffuse in quasi tutti gli oceani attorno a 15 milioni di anni fa, affermano nello studio Pimiento e colleghi, ma da allora in poi andò costantemente calando.

Tutto ciò accadde indipendentemente dal clima. Non sembra esserci correlazione, affermano i ricercatori, tra le testimonianze fossili di C. megalodon e i picchi sia verso l'alto che verso il basso delle temperature. Senza parlare del fatto che il megalodonte sembrava perfettamente a suo agio in acque la cui temperatura variava dagli 11 ai 27 gradi, temperature sempre presenti sul pianeta dai suoi tempi a oggi.

Se non è stata l'acqua più fredda, allora cosa ha ucciso allora il megalodonte? Non lo sappiamo ancora con certezza. Persino oggi, in un'epoca in cui possiamo assistere "in diretta" alla scomparsa delle specie, spesso è difficile ripercorrere all'indietro il percorso dall'estinzione ai primi segnali di crisi. Nel caso del megalodonte però, Pimiento e i suoi colleghi qualche svolta cruciale l'hanno individuata.

Sappiamo che il megalodonte ha imboccato la strada che porta all'estinzione alla metà del Miocene. In questo periodo si verificano due eventi importanti, ricordati sia in precedenza dal paleontologo Dana Ehret che dagli autori dello studio. Mentre crolla la diversità fra i cetacei, compaiono sulla scena concorrenti formidabili del megalodonte: grandi squali antenati dello squalo bianco, e capodogli che cacciano e si comportano come le orche odierne. Questa tendenza continua per tutto il Pliocene, con un numero sempre inferiore di specie di grandi misticeti e una sempre maggiore varietà di predatori con cui i giovani megalodonti competevano per il cibo. Insomma, sempre meno cibo a disposizione per un numero maggiore di predatori.

Il caso non è ancora chiuso. Tutto ciò che sappiamo dal megalodonte viene dai suoi denti, da qualche vertebra, e da qualche segno di morso: non abbastanza finora per comprendere appieno la complessa biologia dell'animale, o per determinare il ruolo dei misticeti sia nella sua dieta che in quella dei predatori con cui era in competizione.

Quel che è certo è che il megalodonte è estinto. Le ultime tracce fossili risalgono a 2,5 milioni di anni fa, e di sicuro ci accorgeremmo se - come qualcuno sostiene - lungo le nostre coste si aggirasse una popolazione di squali lunghi 15 metri. Ma la sua scomparsa è ancora un mistero, che solo le testimonianze fossili potranno svelare.

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